Ogni qual volta mi dai della pazza o della scema solo perché voglio mettere a tacere le mie paranoie chiedendo aiuto, va in frantumi il mio cuore. Non provi mai ad ascoltare veramente quello che vorrei urlare quando cerco di approcciare con te usando un tono pacato e ponendo tra le tue mani i piccolissimi rimasugli di quel che resta. Passano le ore, lente e inzuppate delle mie lacrime, fino a concludersi giorni in cui mi ritrovo a ricompormi. Come se fosse possibile del tutto: ma non lo é e inevitabili sono le crepe che si ramificano dentro me.
Io sono quel che di me ignori.
Amo tanto, amo con tutta me stessa e con tutto ciò che ho. Amo profondamente, pesantemente, incondizionatamente. Do sempre il massimo del tollerabile evidentemente, per ritrovarmi a fare i conti con aspettative a cui ambisco solo io.
Ho sofferto tanto, sono quasi morta per aver permesso a me stessa di credere di non valere niente se qualcun altro che amavo pensava ciò.
Ho vissuto tempi durante i quali ho permesso a me stessa di credere di essere pazza, inutile, insignificante, orrenda. Tutto questo perché ho permesso alla mia testa di credere che il mio cuore sarebbe stato in grado di amare per due.
Aprii gli occhi veramente quando conobbi te.
Ogni volta che i nostri corpi ricoprivano, seppur distanti, lo stesso spazio percepii zone lontane della mia essenza tornare a casa.
Ed è sempre conoscendo te che imparai a conoscere meglio me e capire che credo fermamente di meritare un affetto così grande quanto tutto il dolore che ho provato.
Ma è il tuo atteggiamento superficiale in certe situazioni, in cui magari io starei attentissima ai dettagli, l’artefice di numerose voragini nel mio essere.
Più curo meticolosamente i dettagli che contornano la mia persona, la mia quotidianità e più quest’ultimi si celano ai tuoi occhi.
E questo mi rende triste, incomprensibile.
Io sono quel che di me ignori.
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